La relatività e le donne (Genius: Einstein)

Geoffrey-Rush-as-Einstein-with-violin-LOWRES-640x505La prima scena avrà fatto drizzare i capelli in testa a qualche cattedratico. Albert Einstein appare sullo schermo con i pantaloni abbassati, impegnato in un’attività non propriamente scientifica con la sua assistente Betty. Si tratta di una dichiarazione di intenti: Genius: Einstein (appena cominciata su National Geographic: qui l’elenco delle serie in partenza a maggio) vuole entrare nella psicologia del più grande fisico della storia, approfondire il rapporto con le donne prima che quello con l’universo.

“Il presente, il passato e il futuro non sono che un’illusione” dice Einstein agli studenti che desiderano abbeverarsi della sua teoria della relatività. E la serie ci gioca parecchio su questa illusione. Il presente è il 1922: il fisico (interpretato da Geoffrey Rush) ha già vinto il Nobel ma non può dormire sonni tranquilli in una Germania che assiste all’ascesa nazista. Il passato è il 1894: Albert è uno studente di liceo brillante e ribelle, che riflette sul cosmo mentre l’arcigno prof spiega trigonometria.

L’alternanza fra passato e presente svela l’ambizione di Genius: Einstein. Partire dalla genesi del genio, da ciò che lo rende più diverso, per arrivare al nucleo della sua umanità. Quanto assomiglia a noi comuni mortali l’Einstein che all’amante dice “vieni a vivere con me: la monogamia non è naturale”. Quanto è lontano dall’iconografia classica quel ragazzo pieno di ambizioni, che litiga col padre per mollare la scuola e fa l’amore in un campo.

Chi in fisica sta a zero continuerà a non capirne nulla. Ma dopo aver guardato la serie (nata da un’idea di Ron Howard che ha girato il primo episodio, tradotta in 45 lingue e distribuita in 171 Paesi) proverà un moto d’affetto per il vecchio Albert.

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